In occasione del mio ultimo, brevissimo, rientro in Italia, ho avuto modo di andare a visitare l’Azienda Monte Schiavo e conoscere il loro top brand “Tenuta Pieralisi“.
Ciò che mi ha fatto ancor più piacere, però, è stato ritrovare un vecchio amico: il giovane e brillante enologo Simone Schiaffino. Con lui è nata l’idea di sviluppare una nuova rubrica su questo blog: “ApprofondimentEnologici“.
Già delegato ONAV ai tempi in cui mi avvicinavo all’analisi sensoriale del vino, Simone ha accumulato esperienze in giro per il mondo, lavorando in ben 7 cantine diverse negli ultimi 12 anni.
Simone, cosa ti ha spinto a voler intraprendere proprio questa professione?
Da sempre il mondo viticolo – enologico mi ha circondato: mio padre, infatti, è stato agronomo, prestato alla zonazione ed alla legislazione vitivinicola. Per me, dunque, è stato abbastanza naturale iscrivermi alla Facoltà di Agraria e successivamente proseguire con il Corso in Viticoltura ed Enologia.
Chimica, viticoltura, microbiologia e tanta analisi sensoriale, che da sempre mi affascina, sono state le materie che mi hanno accompagnato in questo percorso di studi del fantastico mondo del vino. Un percorso di apprendimento che utilizza l’olfatto e il gusto verso una consapevolezza sensoriale.
Vino che emoziona i sensi come un buon amico che ti parla, come una bella melodia che ti raggiunge…e poi, quanto lavoro dietro un bicchiere di vino!
In fondo è sufficiente avere una certa curiosità e interesse per il mondo del vino, per la sua storia e per le sue tradizioni.
Durante la stesura della tesi, inoltre, l’incontro con l’enologo Riccardo Cotarella, durante uno stage formativo di due mesi presso la sua cantina, la Falesco, mi ha fatto definitivamente capire di aver intrapreso i giusti studi.
Qual è stata la tua prima esperienza lavorativa all’estero, come è iniziata, quanto è durata e cosa ti ha dato?
Nel 2007 ho accettato un offerta lavorativa come aiuto enologo presso la più grande cantina della Nuova Zelanda. Esperienza formativa sotto molti punti di vista, non ultimo quello umano.
Tecnicamente sono cresciuto molto e nei tre mesi di permanenza sono riuscito a conoscere meglio l’inglese. Ho lavorato anche con molti vitigni internazionali bianchi e rossi e con enologi di fama mondiale.
Terminata questa esperienza sono rientrato in Italia per andare a lavorare sempre come aiuto enologo alla “Erste & Neue Kellerei”, cantina alto-atesina nei pressi di Bolzano ed anche qui ho fatto una bellissima esperienza lavorativa.
Bisogna dire che anche ora, potendoti confrontare con Carlo Ferrini, hai modo di essere sempre in contatto con il top dell’enologia, ma come mai, quando ne hai avuto la possibilità, non hai cercato di restare a vivere in Nuova Zelanda?
A livello enologico l’Italia è pur sempre l’Italia, ci sono così tante sfumature a livello di produzioni viticole e così tanti diversi terroirs che già solo per conoscere bene una regione ci vuole una vita di lavoro e studio. L’Italia è il Paese più bello del mondo: qui, infatti, si vive meglio che nella maggior parte del resto del mondo. Amo la cultura e la cucina italiana. Le mie regioni preferite sono La Sicilia ed il Trentino-Alto Adige.
Personalmente, vivendo all’estero da ormai un anno e mezzo e viaggiando abbastanza spesso, ho a volte l’impressione che i vini italiani non siano ancora adeguatamente conosciuti e, soprattutto su certi mercati, forse ritenuti un gradino al di sotto di quelli francesi. Sei d’accordo?
Senza dubbio Italia e Francia si contendono il primato europeo come maggiori esportatori di vino al mondo. La produzione francese si basa su alcuni dei vini di più alta qualità (ad esempio lo Champagne o il Bordeaux).
E’ comunque infinita la lista dei vini italiani che non temono confronti (Brunello, Barolo ecc…).
Semplicemente ritengo che i francesi abbiano saputo “vendere” molto bene tutto il loro territorio, cosa che noi abbiamo fatto solo in alcune regioni.
Simone, cosa manca alle aziende italiane oggi, secondo te, per poter competere a livello internazionale e vincere la sfida della globalizzazione?
Le piccole e medie aziende vinicole italiane dovrebbero essere più unite dato che è molto costoso essere presenti su mercati lontani.
Per essere competitivi in un mondo globale non si può pensare di essere competitivi solo come singola azienda, ma ogni azienda deve fare qualcosa per rendere competitivo il proprio territorio perché la sfida sarà fra territori e non fra singole aziende.
Inoltre oggi bisogna conoscere bene il mercato. Se io produco cappelli e vado in Giappone ma il Giappone non chiede cappelli, non riesco a fare profitti, quindi servono informazioni sui nuovi mercati e sui concorrenti delle altre nazioni.
E’ molto diverso se il mio concorrente è la Francia o se è la Spagna, per esempio.
In ultimo, cosa, del tuo lavoro attuale, ti appassiona maggiormente e desidereresti far conoscere a quante più persone possibili?
L’analisi sensoriale senza dubbio è la mia materia preferita. Ma poi che cosa è un vino? E’ questa la domanda che dobbiamo porci tutti, prima di mettere in atto politiche e strategie promozionali sul vino, per farlo conoscere, per promuovere un etichetta, un marchio o una DOC/DOCG.
Per promuovere bisogna saper commuovere, “emozionare” o perlomeno creare interesse. Il mondo del vino è una vera e propria “biblioteca di emozioni. Questo, è ciò che mi appassiona maggiormente. Qualcosa di talmente emozionante, da essere in grado di mettere in sintonia vini con uomini (consumatori potenziali) in modo profondo, con l’anima, con il cuore e con la mente. Include il passaggio nel rispetto del luogo dove si è, conoscere le storie di chi c’era prima, visite di amici e acquirenti, amore per dove si pestano i piedi e si ululano poesie al Signore quando il vento è contrario. Il vino è amore, poesia e bestemmie. E se saremo capaci di emozionare in modo non retorico e banale, i conti torneranno meglio.
Un mondo complesso, affascinante, che offre innumerevoli argomenti da trattare. Con te proveremo ad approfondirne diversi, cercando di utilizzare sempre un linguaggio accessibile a tutti, pur affrontando temi che generalmente si tende a non considerare… Come, ad esempio, i pittogrammi: disegni o simboli assunti convenzionalmente come elementi di scrittura e di misura di una situazione o fenomeno, usati anche per descrivere il vino. Questo sarà l’argomento del primo capitolo della nuovissima rubrica “ApprofondimentEnologici”, tenuta dall’enolgo Simone Schiafino, che non vediamo l’ora di poter leggere qui, in esclusiva, su CulturAgroalimentare.com!! Stay tuned!!!