“Il caffè è il balsamo del cuore e dello spirito”, soleva dire Giuseppe Verdi, storico compositore di fine ‘800. Una gustosa poesia che, nel tempo, ha trovato da noi il Paese d’adozione per eccellenza, dove se ne è sviluppato un vero e proprio culto.
Ma che cos’è il caffè se non una coccola, un piacere necessario a scandire i diversi momenti della giornata? Si tratta del secondo liquido più consumato al mondo, dopo l’acqua, e costituisce, per la maggior parte degli italiani (e non solo), una necessaria sferzata di gustosa energia, fondamentale per poter partire con il piede giusto o riprendersi dopo un calo di energie.
La pianta del caffè appartiene alla famiglia delle Rubiacee, genere Coffea, con le sue sottospecie Arabica e Robusta; è una pianta arbustiva, coltivata nella fascia intertropicale di Asia, Africa e America, tra il Tropico del Cancro e quello del Capricorno.
Per crescere, il caffè richiede climi caldi ed umidi, con temperature comprese tra i 18 ed i 22 gradi: a queste condizioni, dopo 4 anni è possibile ottenere i primi frutti.
Le foglie, dal colore verde scuro intenso, hanno una superficie lucida e carnosa, con il bordo leggermente ondulato e ricordano quelle dell’alloro; i fiori, invece, sono bianchi e hanno un profumo intensissimo.
Per passare dal fiore al frutto occorrono circa nove mesi e quando la drupa ha raggiunto il perfetto grado di maturazione, sembra proprio una ciliegia: rotonda e di colore rosso vivo, con la buccia lucida e spessa ed una polpa tenera e zuccherina. All’interno della drupa si trovano i due semi, solcati e semiovali, posti uno di fronte all’altro e ricoperti da una prima membrana argentea perfettamente aderente e da una pellicola biancastra, detta pergamino, più spessa e coriacea, che serve a proteggere il seme.
Due sono i possibili metodi di raccolta del caffè: il prima prevede la selezione delle drupe mature una ad una, passando quindi più volte su una stessa pianta in diversi momenti (cosiddetto metodo picking, più costoso), mentre il secondo metodo di raccolta prevede un energico passaggio dei rami della pianta fra le dita della mano: questo è il metodo stripping, più rapido e meno costoso, che permette di portare via tutti i frutti in un solo passaggio. All’interno delle drupe vi sono i semi, che diventeranno i chicchi, mediamente lunghi una decina di millimetri, di colore verde con sfumature grigie, azzurre, rossicce oppure brune. Sono necessari circa 6 kg di ciliegie per ottenere un kilo di caffè.
Ovviamente la provenienza del caffè incide moltissimo sulle caratteristiche organolettiche del prodotto finito, così come le operazioni di trasformazione, tostatura ed estrazione.
Nel procedimento di torrefazione, o tostatura, del caffè, i chicchi subiscono delle trasformazioni evidenti che dipendono dalla temperatura a cui vengono sottoposti e che li porteranno, a fine processo, a cambiare drasticamente.
Innanzitutto il colore del chicco: da bianco-giallastro a marrone; cambia anche la superficie del chicco che diventa lucida grazie agli olii che fuoriescono durante la torrefazione del caffè. Si registrano cambiamenti anche sulla struttura del chicco che di venta più porosa a causa dell’anidride carbonica rilasciata, con conseguente influenza anche a carico della friabilità, che aumento con la tostatura. L’acqua presente nel chicco, infine, diminuisce arrivando fino all’1% (a meno che non si usi il raffreddamento con vapore acqueo).
Ecco allora che la selezione delle dimensioni dei chicchi diventa fondamentale per permettere una tostatura omogenea, senza alcuna carbonizzazione: questa, infatti, comporterebbe lo sviluppo di una molecola, l’acrilammide, altamente cancerogena.
Di recente ho avuto il piacere di acquisire “un goccio” di consapevolezza in più sul meraviglioso mondo del caffè, grazie all’incontro con Manuel Terzi, vero esperto del settore, che da anni persegue, con il suo lavoro quotidiano, all’interno delle proprie caffetterie e tramite i corsi di formazione che eroga, l’obiettivo di trasmettere conoscenza e passione verso questo mondo tanto affascinante…
All’interno di una delle sue caffetterie di Bologna, in Italia, ho potuto compiere un piccolo viaggio nel mondo della degustazione del caffè, partendo dall’Indonesia ed arrivando fino in Colombia, toccando la Bolivia ed il Perù: una degustazione che mi ha permesso di comprendere anche il valore della parola etica, applicata ad una industria che molto spesso non riconosce adeguati guadagni a chi lavora in campo, ogni giorno, con impegno e fatica.
Ritrovare in tazza tutti gli aromi e la piacevolezza del caffè, richiede numerosi accorgimenti come, ad esempio, quello di scegliere sempre un’acqua minerale naturale leggera, con un basso residuo fisso e di conservare sempre in frigo il caffè, una volta aperta la confezione. L’uso dello zucchero? Manuel ci suggerisce di lasciarci guidare dal nostro personale gusto: del re
sto, cosa cerchiamo in una tazza (o tazzina) di buon caffè, se non proprio il gusto ed il piacere?
Buon caffè a tutti!!