Quando ingeriamo un cibo che contiene tannini, il nostro palato tende a seccarsi rapidamente, poiché essi hanno la capacità di legarsi alle glicoproteine salivari, facendole precipitare e riducendone momentaneamente il potere lubrificante.
I tannini conferiscono corpo e struttura ad un vino, fornendo equilibrio, integrità aromatica e stabilità; nell’uva, il 54% dei tannini è concentrato nelle bucce, il 25% nei vinaccioli ed il 21% nei raspi.
Nel vino, inoltre, giocano un ruolo importante per quanto riguarda il colore, tramite dei particolari composti polifenolici detti antociani, ma soprattutto sono dei potenti antiossidanti, importanti per la conservazione del vino, anche grazie alla loro azione antibatterica: maggiore, dunque, sarà la concentrazione di tannini nel vino e maggiore sarà anche la sua capacità di resistere al tempo.
Tra i vini con maggior contenuto di tannini, possiamo ricordare il Sagrantino di Montefalco, i vini a base Nebbiolo, come Barolo e Barbaresco, l’Aglianico ed il Sangiovese, mentre, a livello internazionale, sono da ricordare il Cabernet Sauvignon, il Tannat, il Syrah, il Tempranillo, il Malbec ed il Mourvèdre.
Per quanto riguarda i vini bianchi, invece, questi presentano una quantità di tannini decisamente inferiore rispetto ai vini rossi poiché nella vinificazione in bianco non avviene la macerazione delle parti solide del grappolo con il succo, impedendo quindi la cessione dei tannini nel vino bianco che, inoltre, potrebbero conferirgli un sapore amarognolo ed erbaceo, compromettendone la freschezza e la piacevolezza.
Nei vini bianchi, dunque, la cessione dei tannini al vino stesso può avvenire con l’affinamento in legno o per aggiunta in cantina di alcuni tipi di tannini enologici; si tratta comunque di concentrazioni decisamente limitate rispesso ai rossi. Sono i vini macerati in bianco e gli orange wine che dispongono di concentrazioni di tannini più cospicue, per effetto della macerazione con le bucce.
I tannini nel vino sono classificati in varie tipologie: i principali, derivanti dalle uve di Vitis Vinifera, sono i tannini condensati (detti anche catechici), estratti dalla buccia (proantocianidine) oppure dal vinacciolo (procianidine); vi sono poi quelli rilasciati dal legno, che si tratti di botti grandi o di barrique, che sono detti idrolizzabili (o gallici) e che possiamo quindi ritrovare nei vini che maturano in recipienti di legno, prima di essere messi in commercio.
Questi ultimi, detti anche tannini ellagici, hanno meno capacità di astringenza in bocca rispetto a quelli endogeni e per questa differenza vengono definiti tannini dolci o tannini nobili; questi hanno la tendenza ad evolvere con il tempo, conferendo al vino un giusto equilibrio, una minore astringenza ed una maggior pienezza, contribuendo anche, nei vini rossi da invecchiamento, a mantenere il colore più vivo.
Con il passare del tempo la sensazione dura e amara dei tannini si affievolisce, rendendo i vini più setosi e avvolgenti. Le caratteristiche dei tannini del vino quindi variano col tempo: il loro aspetto esuberante ed astringente, tipico dei vini giovani, tenderà, col passare degli anni, a lasciar spazio alla loro versione più elegante, con un gusto più morbido e levigato.
Questo avviene perché i tannini col tempo, per azione dell’ossigeno tendono a polimerizzare. Le molecole del tannini nel vino si aggregano, passando da molecole di piccole dimensioni (monomeri) a composti più pesanti e complessi (polimeri). I tannini aggregandosi aumentano la propria dimensione e il proprio peso, diventando quindi insolubili. A questo punto i tannini presenti nel vino iniziano a precipitare e creando dei sedimenti che si depositano sul fondo o aderiscono alle pareti stesse delle bottiglie.
Questi fenomeni, detti “polimerizzazione” e “precipitazione”, sono anche la causa della variazione del colore del vino e della riduzione della capacità dei tannini di legarsi alle glicoproteine della saliva e di ridurne il potere lubrificante: di conseguenza, i tannini polimerizzati risulteranno più setosi e morbidi. Questo fenomeno, insieme allo sviluppo di aromi e alla diminuzione dell’acidità, è il motivo principale per cui è generalmente molto apprezzata l’eleganza dei vini invecchiati.
Al contrario, i vini giovani presentano una maggior concentrazione di tannini presenti sotto forma di monomeri, che risultano più ruvidi al palato e dotati di maggiore capacità astringente.
Quando siamo a tavola, dunque, con quali cibi possiamo pensare di abbinare sapientemente vini tannici?
I vini tannici hanno bisogno di pietanze che ne contrastino la secchezza e l’astringenza e, per tale motivo, si sposano bene con piatti ricchi di succosità e succulenza.
Alcuni esempi di abbinamenti con vini tannici potrebbero essere i brasati, cibi in umido, arrosti ricchi salse o carni grasse ricche di succhi.
Un buon Brunello di Montalcino si sposerà bene con il Peposo dell’Impruneta, il Barolo trova un ottimo compagno a tavola nel Brasato (meglio ancora se cotto al Barolo), il Sagrantino di Montefalco si esalta con l’Agnello al Tartufo, i grandi rossi di Bordeaux sono assolutamente da provare con il Manzo alla Borgognotta.
E che dire dell’Aglianico del Taurasi con la Pasta al Ragù Napoletano? Autentica libidine, un po’ come il Syrah di Cortona con la Bistecca di Chianina o l’Amarone della Valpolicella con la Pastissada de cava.
Qualsiasi sia l’abbinamento che vogliate sperimentare, lasciate che il vostro gusto vi possa guidare verso la cosa più importante: l’Armonia del gusto, per il piacere dei sensi…
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[…] La vinificazione richiede un’attenta gestione dei tannini per raggiungere l’equilibrio perfetto tra astringenza, struttura e capacità di invecchiamento. Questo processo è essenziale per definire il vino tannico e vino rustico14. […]