Eccomi di nuovo qui a raccontarvi la mia seconda giornata di Vinitaly 2018, iniziata con una degustazione guidata all’interno del ciclo di incontri Young to Young, organizzati da Il Golosario: degustazioni di prodotti di cantine fondate e/o gestite da giovani produttori, rivolte a giovani comunicatori.
Un format leggero e brillante, davvero ben condotto dai giornalisti Paolo Massobrio e Marco Gatti, che presentato una realtà dell’Oltrepò Pavese, una della Basilicata ed una del Veronese. Si tratta di cantine che puntano tutte moltissimo sull’accoglienza, la vendita diretta e lo storytelling. Andiamo a conoscerle meglio…
Miriam e Simone Bevilacqua hanno presentato la Tenuta Quvestra (il cui nome è la sintesi delle parole Qualità, Cuveè e Versa, la valle in cui si trova l’Azienda), di proprietà di una Società informatica, giunta alla quinta vendemmia; la cantina è situata a Santa Maria della Versa, nel cuore dell’Oltrepò Pavese. Oltre ad uno spazio riservato all’ospitalità, nel quale si trovano due ville ed un agriturismo, l’Azienda conta di 12 ettari a corpo unico, coltivati a Pinot nero, Croatina, Merlot, Chardonnay e Barbera. I terreni sono argillosi e calcarei e si pratica lotta integrata. L’attuale produzione è pari a circa 30.000 bottiglie, ma “all’appello” mancano 3 ettari non ancora in produzione.
Della Tenuta Quvestra Società Agricola SRL abbiamo assaggiato lo Zephiro, un Cruaset (metodo classico rosato DOCG) 100% Pinot Nero che fa almeno 36 mesi di rifermentazione in bottiglia sui lieviti. Le uve destinate a questa produzione vengono vendemmiate nella seconda metà di Agosto e gli acini vengono sottoposti ad una leggera spremitura, prima della fermentazione. Non vi è aggiunta di vino rosso nella liquor d’expedicion ed il residuo zuccherino finale del vino si aggira tra i 5,5 e i 6 g/l.
Il vino si presenta con un bel colore buccia di cipolla, note floreali di rosa e frutta rossa (ciliegia, piccoli frutti) al naso ed in bocca è fresco, pieno, strutturato, con un grande finale e ritorno delle note percepite al naso. 15,50 € il prezzo di questo prodotto in cantina.
E’ stata quindi la volta di Giovanna Paternoster dell’Azienda Quarta Generazione, produttrice di Aglianico del Vulture, da sempre cresciuta in mezzo al vino, fin quando la famiglia non decide di vendere ad un gruppo veneto l’azienda, mantendo giusto il controllo di 3 ettari di terreno, su suoli vulcanici. Giovanna, dunque, dopo esservi vista sfilare da sotto il naso la possibilità di essere la “quarta generazione” di produttori della sua famiglia, nel 2016, dopo una serie di interessanti esperienze nel marketing e nella comunicazione, decide di utilizzare questi 3 ettari per aprire un’azienda che oggi produce 20.000 bottiglie di Aglianico del Vulture, un vino da apprezzare a pieno dopo 12/15 anni. Noi abbiamo assaggiato l’annata 2013 (che in cantina ha un prezzo di 27 € a bottiglia ed una gradazione alcolica pari a 14,5) che si presenta rosso rubino, con una nota già granata, un naso elegante ed intenso (sottobosco, tabacco, spezie), fresco e strutturato in bocca, con una nota minerale ed una bella persistenza.
Il ciclo produttivo di questo vino dura 3 anni, con un mese di fermentazione malolattica in legno. Oltre ai classici abbinamenti con piatti di carne e sughi importanti, si suggerisce di provarlo con dolci a base di melanzane e cioccolato.
Ultima cantina partecipante a questa degustazione è quella di Sabina Brusco delle Cantine Tamasotti (di Mezzane di Sotto, in Provincia di Verona) con il suo Amarone della Valpolicella DOCG, dietro il quale c’è anche una storia d’amore: il marito di Sabina, infatti, è anche il cantiniere.
Un’azienda nata un po’ per caso, attorno ad un vecchio casolare di famiglia che è stato ristrutturato ed è oggi un relais da 25 posti. La prima annata di produzione è stata il 2013 con ben 600 bottiglie. La successiva, 1.100. Oggi i 3 ettari, situati sulle colline ad est della Valpolicella, in una sorta di conca ventilata che costituisce una naturale difesa dai patogeni, sono coltivati con Corvina, Corvinone, Rondinella ed Oseletta, per ottenerne Valpolicella Superiore (che trascorre un anno e mezzo in barrique) ed Amarone (almeno 3 anni in barrique). I suoli sono scarni e calcarei e le radici delle vigne profonde. In futuro l’azienda ha intenzione di coltivare anche Durello da spumantizzare.
Noi abbiamo assaggiato l’Amarone del 2013 di questa azienda, un vino da 16,5 gradi alcolici, che si presenta con un bel colore rosso rubino granato profondo, intenso ed alcolico; al naso è complesso, balsamico, finemente speziato, con note di marasca e menta ed una chiusura fresca ed elegante. In bocca è estremamente equilibrato, strutturato, con una chiusura elegantissima. 40 € è il prezzo da pagare per aggiudicarsi una delle circa 6.000 bottiglie (vendute in casse di legno) attualmente prodotte, anche se l’obiettivo è arrivare a 10.000.
Insomma, davvero una degustazione gradevole e ben organizzata che mi ha fatto iniziare nel migliore dei modi questo secondo giorno di Vinitaly, proseguito poi con una (immancabile) visita allo stand delle Marche per andare a gustare un po’ degli ottimi vini dell’amico Paolo Lucchetti (top producer di Lacrima) e con l’incontro con Vito e Leonardo Zerilli (Terre del Sole), eccellenti produttori sicialiani, recentemente insigniti dell’ennesimo riconoscimento per l’ottimo lavoro svolto, questa volta, su un vino che non smetterei mai di bere… lo Zibibbo dolce IGP!!
Rimanendo in Sicilia, ho voluto fare un salto allo stand delle Cantine Romano e conoscere di persona Gaia Romano e Riccardo Russo che mi hanno illustrato praticamente tutti i prodotti dell’azienda, di cui ho apprezzato in particolar modo lo Zibibbo, il Frappato ed il Nero d’Avola. Il Prime Luci (Nero d’Avola, Syrah, Merlot, Cabernet Sauvignon) ricorda un po’ i Supertuscan. Da provare.
Tra un’assaggio di ottimo gelato al vino servito allo stand della Cielo & Terra S.p.A. e qualche altra degustazione (da segnalare i Chianti dell’azienda “Il Drago e la Fornace“) ecco che anche questa seconda giornata volge al termine, mentre sto ancora scoprendo le molteplici declinazioni di Erbaluce di Caluso della Tenuta Roletto. Un’azienda veramente interessante.
Insomma, come sempre, alla fine il tempo vola quando si degusta e nemmeno due giorni sono stati sufficienti per poter tornare a casa realmente soddisfatto per le giornate e le esperienze vissute. Passata la stanchezza (e l’ebrezza) del momento, infatti, resta sempre quel desiderio di tornare al Vinitaly per salutare gli amici e conoscere nuove realtà e nuovi vini. Intanto, però, mi consolo sfogliando i ricordi di questa giornata, che sono disponibili anche per tutti voi, nell’apposito album su Facebbok, visionabile cliccando qui.