Il 9 ottobre ho avuto il piacere di partecipare ad un evento speciale, realizzato a Senigallia, nella splendida cornice del Teatro La Fenice: la prima edizione marchigiana del Meet in Cucina, format di successo, che già aveva raccolto numerosi consensi nelle precedenti iniziative svoltesi in Abruzzo.
L’evento, riservato a cuochi, ristoratori ed operatori del settore, ha come fine principale la valorizzazione della cucina e dei prodotti agroalimentari marchigiani.
Organizzato dal giornalista Massimo Di Cintio, in collaborazione con l’Unione Regionale Cuochi Marche e numerosi altri partner e sponsor, ha visto la partecipazione di oltre 600 persone e portato ad “esibirsi” su un palcoscenico teatrale 8 eccellenze della gastronomia marchigiana:
Gli Chef si sono susseguiti per tutta la giornata, portando alcuni loro piatti ed illustrandone le tecniche di realizzazione, alternando i loro interventi a quelli di altri relatori, come, ad esempio, Barbara Alfei dell’ASSAM, che ha parlato degli olii extravergine monovarietali delle Marche; anche la Cooperativa degli Allevatori Marchigiani di Bovini ed Ovini (www.bovinmarche.it) è intervenuta, parlando degli allevamenti di piccole dimensioni, delle certificazioni di qualità e dell’importanza dell’alimentazione.
Interessante anche l’area espositiva, con alcuni produttori di vino e formaggi della nostra Regione, ma anche di materiale tecnico per la cucina (coltelli, pentole e padelle).
La giornata è stata sicuramente gradita in maniera speciale dai numerosi studenti delle scuole alberghiere accorsi, per la varietà e ricchezza di spunti offerti.
Io non sono un esperto di tecniche di cucina e, per altri impegni, non ho potuto partecipare a tutti i seminari proposti, ma condivido con voi i miei appunti della giornata e le riflessioni dell’amico e collaboratore Federico Radini, che già conoscete per le sue #RadiniRecensioni…
MAURO ULIASSI: LA MEMORIA DEL GUSTO
Uliassi è partito da alcune considerazioni basilari su quello che è la nostra Regione: mare, terra, campagna, mosto… Esiste, dal punto di vista gastronomico, un “filo rosso” tra il mare e i monti, in quello che a lungo è stato un paese di contadini e pescatori. Rane, lumache e selvaggina sono stati i costituenti di molti piatti della tradizione.
La nostra percezione gustativa inizia ancor prima di cominciare a parlare, muovendosi tra il contesto familiare e quello ignoto. La memoria è il fondamento da cui partiamo, per affacciarci alla scoperta di nuovi piatti…ecco quelli proposti dallo chef:
Il primo piatto, Acqua di conditella, rane e lumache, si avvale dell’utilizzo dell’acqua di conditella; si tratta di un elaborato che evoca il paesaggio degli acquitrini e dei fossi, che cerca di utilizzare tutta quanta la tradizione. E’ un piatto semplice, che trae spunto dal sapore delle “insalatiere, sporche di condimento“, frutto dell’estro dello Chef Paolini, del ristorante Uliassi.
Gli ingredienti necessari per questo piatto sono: la conditella, ottenuta da lattuga, pomodoro, cetriolo ed altre verdure, bagnate con un po’ d’acqua e schiacciate per circa 24 ore, che rilasciano i succhi vegetali; le lumache di terra spurgate messe in acqua fredda poi scaldata, che in questo modo escono e restano allungate, pronte per esser eviscerate e tolte dal loro guscio, per poi essere ripassate con olio ed aromi; le cosce di rana ripassate in burro e olio e poi fritte; il baccello dei fagiolini lavorato per ottenerne un gelato ricco di clorofilla; il pane tostato, realizzato con grani della zona di Frattula e con sementi.
Il secondo piatto, il Mare dentro, nasce dal desiderio di voler far riemergere cibi e storie dimenticate, che raccontano la vita di altri uomini. Questo piatto si ottiene utilizzando erbe ed alcune parti di scarto dei pesci: trippe, acciughe, cuori e fegati.
L’ultimo piatto, Collo e testa di rombo alla griglia, vede l’uso di una testa di rombo, sezionata in un modo particolare, così da sembrare di avere sia la testa che il collo dell’animale. La cottura del pesce avviene con vino bianco sulla fiamma, per poi essere farcito con acciughe, mentre la testa si cuoce sul barbeque con legno di carpano.
ERRICO RECANATI: LA CUCINA COME RICERCA
Lo Chef del famoso Ristorante Andreina di Loreto ha iniziato il suo intervento partendo da La patata nel Conero: sia la bianca di Montemonaco sia quella stracotta, che incontrano il Mosciolo (con un estratto di prezzemolo), i ricci di mare e le spezie (polvere di ginestra, lavanda, maggiorana, timo, ecc…)
Il secondo piatto proposto è stato il Salmì: pomodoro caramellizzato con un po’ di zucchero, tortello di tonno, oliva tenera ascolana, limone, germoglio di sedano, citrosella (erba fresca), il tutto guarnito con un brodo di oliva tenera ascolana.
Pensando ad un Vincisgrasso l’ultimo piatto, realizzato partendo da un sugo che bolle per 4 ore, privato dell’olio rilasciato. Tale grasso viene usato per cuocere per un’ora il pomodoro scottato a 40°C, assieme alle raghaglie di pollo e piccione. La besciamella che accompagna il piatto è pensata e lavorata sotto forma di cialda, perchè due sono i tipi di besciamella: una per legare ed una essiccata.
MICHELE BIAGIOLA: IL “VEGETALISTA”
“La mia cucina si ispira a quella che era la dieta del mezzadro: povera di carne. Nel mio ristorante si cucina carne solo la domenica.”
La pizza è vista come una portata e non come piatto unico: le farine usate sono di media forza (di tipo due ed integrali), l’impasto è maturo dopo 18-24 ore ed lievito madre utilizzato è liquido.
Le palline non sono da 250 grammi, ma ovviamente, più piccole.
STEFANO BAIOCCO: L’IDEA DEL PIATTO
Nato ad Ancona, Stefano Baiocco ha girato tantissimo, tra Francia, Spagna, Giappone, ecc… arrivando a proporre una cucina tecnica, ma con tante rivisitazioni. Ora lavora presso il Ristorante Feltrinelli, sul Lago di Garda. L’idea del piatto è il tema del suo intervento.
Il primo piatto proposto dallo Chef è stato una insalata di trota, la cui idea – racconta Stefano – “è nata a partire dalla copertina di un catalogo di un fornitore, sono rimasto colpito dal salmone e dal fois gras. Ho sostituito il salmone con la trota salmonata. Cipolline in grodolce, mela verda, salsa ponzu (che si usa per accompagnare la tempura: mirin, sachè di soia e succo di limon) resa gelatinosa. Zucchine, cetrioli, champignon, ravanelli, fois gras, avocado, quinoa croccante, uova di trota e fiori (calendula, fiori di rucola, cuor di taggete, rosmarino)”.
Il secondo piatto è una “frittura” di gamberi: “volevamo racchiudere in un piatto la sensazione ed il gusto della frittura, rivedendola in chiave moderna ed alleggerendola. Durante un viaggio in giappone ho visto un negozio con delle piccole vasche di latte di soia che veniva usato per immergervi altri alimenti. Da qui ho avuto l’idea di utilizzare una casseruola per riscaldare il latte fresco e lo portarlo a 70 – 80°C che poi utilizzo per questo piatto“, che si avvale anche di una spremuta di testa di gambero, aggiunto di olio e limone, per ottenerne una crema.
Anche le zampette del gambero vengono utilizzate, per creare una cremina con cui guarnire il piatto.
Sempre con le teste si ottiene la spuma, per infusione con la panna. La coda del gambero è lasciata cruda e condita con sale, buccia di limone ed olio.
Altro piatto proposto è il Tiramisù di porcini che si può mangiare sia come antipasto che come predessert. Si utilizzano savoiardi imbevuti con una consumè di porcini, compattata da agar agar. Altri ingredienti utilizzati sono un’emulsione di patate cotte al vapore, con burro, xantana ed un pizzico di sale. A guarnire il tutto, una glassa di crema di mascarpone.
Baiocco ha poi stupito la platea con una Burrata affumicata: la cui idea è nata “per caso, utilizzando una melanzana bianca, cotta al microonde“.
Si tratta di una burrata affumicata, ottenuta, quindi, da una melanzana siringata con siero di latte e panna e lasciata a riposo con lo stesso siero di latte. Alla fine sembra veramente una burrata, servita in spicchi, conditi con una salsa di pomodoro, pepe, sale.
Per concludere, una Mousse di tartufo, servita su polvere di biscotto al cioccolato, con una foglia commestibile…un piatto che richiama l’autunno, per i colori e le forme.
Come accennato, il mio amico Federico Radini ha partecipato a questa manifestazione. Ecco le sue riflessioni…
Seguendo gli show dei vari cuochi, sia stellati sia in “odore” di stella, riesci quasi a percepire la loro passione ed energia, in ogni piatto. E’ entusiasmante vederli all’opera in presa diretta, con i loro ragazzi e ragazze in perfetta sincronia. Uno scorrere fluido di pentole, piatti e tutti gli ingredienti necessari per comporre il piatto finale, come se fosse una danza, un’armonia sublime al punto tale che diventa superfluo perfino proferire parola…si parla con gli sguardi e con gesti appena accennati.
Nella sessione pomeridiana, sono rimasto subito colpito dalla frase di Errico Recanati (Ris. Andreina 1 Stella Michelin), mentre descriveva una sua rielaborazione di un piatto; nello specifico si parlava di cotture, e lo chef ci fa osservare come nella tradizionale ricetta: “l’oliva viene sfruttata, e non esaltata!” mentre il suo obbiettivo è “esaltare” ogni singolo elemento.
I pensieri che avevo sulla cucina, cambiano forma, penso subito a quest’atteggiamento di cura nel far “esaltare” ogni sapore, odore, dei vari elementi che compongono un piatto: non più solo “sfruttare” ogni elemento affinchè tiri fuori un qualcosa che possa amalgamarsi o comunque andare a costituire una pietanza.
Atteggiamenti minimali, che fanno capire come la cucina, che sia semplice, classica o di alto livello, diventa una ricerca e combinazione di sapori, una spasmodica attenzione al singolo elemento.
Resto allora forse ancor più colpito dalla lezione conclusiva di Moreno Cedroni (Ris. La Madonnina del Pescatore, 2 Stelle Michelin) quando, descrivendo un passaggio su un piatto, si ferma un istante con un pizzico di sale tra indice e pollice e dice: “con questo piccolo gesto potete fare un capolavoro o un disastro!”
Un pizzico di sale, se ci pensiamo, alla fine cosa può fare?
Eppure quel minuscolo granello di sale in più o in meno, un gesto scontato e quasi insignificante, come anche mettere un ingrediente prima o dopo un certo momento della cottura, ci cambia tutto e può far diventare un piatto, qualcosa di completamente diverso…
Massima attenzione, dunque, ad ogni gesto che si fa, ad ogni singolo elemento e ad ogni passaggio.
Con questi “giocolieri del gusto”, riscopriamo il valore dell’attenzione: alle piccole cose, all’esaltazione di ogni elemento e recuperiamo i tempi e i ritmi necessari alla cucina, perché un piatto sia un capolavoro di passione ed amore per il cibo.
Per concludere, insomma, questa è una manifestazione che sicuramente può e deve crescere, ma che ha già mostrato di avere le carte in regola per diventare una delle più importanti nella nostra Regione. Tanti gli spunti e le idee fornite in questa che, a mio avviso, si è vielata essere una ottima occasione di confronto tra alcune delle eccellenze gastronomiche marchigiane.
Come sempre, all’interno della nostra Pagina Facebook, trovate un album con i migliori scatti di questo evento (si ringrazia la Pagina Facebook di Meet in Cucina Marche, nella persona di Andrea Straccini e Giancarlo Pierannunzi, per averci permesso di prendere alcune delle loro foto).