#ScienzAgrambientali – L’Anisakis: cos’è e come comportarsi,
di Giulio Pellini
Ormai sta diventando abbastanza comune, quando si compra il pesce fresco direttamente in banchina, ma talvolta anche nei supermercati o dal pescivendolo, ritrovare, all’interno del pesce stesso o nella confezione, un “vermicello” che gira indisturbato…
Tuttavia il problema è molto più vasto e complicato di quello che si possa immaginare e spesso l’ignoranza sull’argomento può portare o a sottovalutarne la pericolosità oppure ad allarmismi eccessivi.
Oggi proviamo a fare un po’ di chiarezza e a dare delle indicazioni pratiche sull’argomento.
L’ANISAKIASI è una malattia parassitaria causata da nematodi del genere ANISAKIS, contratta dall’uomo a seguito dell’assunzione di prodotti della pesca infestati, consumati crudi, poco cotti o sottoposti a processi di conservazione non in grado di devitalizzarne le larve. In Italia l’incremento delle segnalazioni di Anisakiasi (Pampiglione et al. 2002) è dovuta prevalentemente al consumo di pesce crudo o sottoposto a processi quali salagione, marinatura e affumicatura. Il genere Anisakis
non è però l’unico della famiglia ANISAKIDAE ad essere pericoloso per l’uomo. Infatti un ruolo simile è stato attribuito anche al genere PSEUDOTERRANOVA.
Le forme larvali dei nematodi appartenenti al genere Anisakis sono visibili ad occhio nudo nei prodotti ittici ed hanno una lunghezza che varia tra 1 e 3 cm. La loro colorazione può variare dal bianco al giallastro, sono sottili e tendono a presentarsi arrotolati su se stessi.
Le larve del genere Pseudoterranova sono facilmente visibili grazie alla loro colorazione rosso-bruna ed alle loro dimensioni (lunghezza compresa fra i 2,5 ed i 4 cm con un diametro di 2 mm). Normalmente si osservano arrotolate su se stesse, come quelle di Anisakis ma la spirale è pittosto larga e meno compatta. Le larve vive presentano movimenti vistosi.
Secondo uno studio effettuato dal C.Re.N.A (Centro di Referenza Nazionale per le Anisakiasi) le specie ittiche e i cefalopodi maggiormente parassitati dalle larve del genere Anisakis (con relative percentuali) sono:
Le problematiche correlate all’Anisakiasi sono molteplici e spesso non sono facilmente diagnosticabili. Per questo motivo, invece di elencarvi i molteplici sintomi, ritengo sia molto più utile soffermarci su i metodi di prevenzione. Iniziamo parlando di un vecchio metodo ormai quasi in disuso, quale la salagione. Questo è un metodo di conservazione che elimina l’acqua dagli alimenti bloccando le funzioni vitali dei microrganismi; il sale, infatti, è un composto cosiddetto igroscopico, vale a dire, in grado di assorbire l’acqua. Le larve di Anisakis sono sensibili a questa tipologia di trattamento solo se effettuato rispettando determinati parametri. E’ stato dimostrato che il tempo massimo di sopravvivenza delle larve presenti nei filetti di alice in salagione (concentrazione di 8-9 % di sale) è di 6 settimane.
Un altro tipico metodo di conservazione e di preparazione, molto comune fino a qualche anno fa, è la marinatura. Studi effettuati a partire dagl’anni ‘60, hanno dimostrato che le larve di Anisakis spp. sono molto resistenti ai tradizionali metodi di marinatura. Nel caso si volesse procedere con questa tipologia di preparazione, dunque, sarebbe meglio farla seguire ad una fase di congelamento.
Un altro metodo, per l’appunto, è il congelamento. Il congelamento, come riportato nel Regolamento (CE) n. 853/2004, prevede il trattamento dei prodotti ittici ad una temperatura di -20 °C per 24 ore al cuore del prodotto; trattamenti anaologhi, ma con rapporti tempo/temperatura differenti, sono quelli a -15°C per 96 ore e a -35°C per 15 ore.
Considerando la temperatura di un freezer classico nelle nostre abitazioni può andare da -12°C a -18°C e solo in alcuni casi (parlo di quei freezer che presentano nei dati tecnici 3+1 stella) arrivare anche a -25°C, potete facilmente calcolarvi il tempo di permanenza. Bisogna però stare attenti e molto precisi, poiché in caso di congelamento effettuato ad un rapporto tempo/temperatura lievemente differenti da quelli indicati, si rischia di non devitalizzare tutte le larve presenti.
Il trattamento di affumicatura, caratterizzato dall’esposizione dell’alimento al fumo prodotto dalla combustione di differenti tipi di legname in assenza di fiamma e in atmosfera povera di ossigeno. L’affumicatura può essere effettuata a caldo o a freddo. Il trattamento a caldo con temperature di circa 70/80 °C per 3/8 ore, è in grado di assicurare la morte delle larve di Anisakis spp. (FDA/CFSAN, 2001). L’affumicatura a freddo, invece, si effettua con temperature di circa 20/25 °C per tempi che vanno da molte ore ad alcuni giorni: questo tipo di affumicatura risulta insufficiente a devitalizzare le larve (Khalil, 1969; Szostakowska et al., 2005).
Per ultimo, vediamo la cottura. Diversi studi hanno dimostrato che, sottoponendo il prodotto ittico a temperature superiori ai 60°C per almeno 1 min, viene garantita la devitalizzazione delle larve. Anche nella cottura, tuttavia, va preso in considerazione il rapporto tempo/temperatura al cuore del prodotto; ad esempio un trancio di pesce di 3 cm di spessore deve essere cotto a 60°C per 10 min al fine di assicurare la morte di tutte le larve (Wootten e Cann, 2001).
Per concludere diciamo che il problema dell’Anisakis è reale e non va sottovalutato, ma non può e non deve toglierci il piacere di un buon piatto di pesce. Come sempre basta un minimo di attenzione e….Buon appetito a tutti!!!